Profesor italiano considera obra de Baez una referencia mundial


El profesor Giancarlo Volpato

Archiviare il futuro in difesa del passato
EDITORIA. PUBBLICATO DA GIANCARLO VOLPATO E FEDERICA FORMIGA IL MATERIALE ELABORATO NEL MASTER DELL'UNVERSITÀ SULLA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI

I vari saggi raccolti cercano di rispondere alla domanda se servano ancora i supporti cartacei e come preservarli



Esce con tempestività il volume curato da Giancarlo Volpato e Federica Formiga, [FIRMA]Archiviare il futuro: riflessioni e ricerche per una materia in divenire (Verona, La Grafica, 2008), che raccoglie interventi e materiali elaborati durante lo svolgimento del master sulla gestione e conservazione dei documenti cartacei, tenuto presso l'Università di Verona tra il dicembre e l'aprile 2007. Il libro va parecchio oltre il mero interesse specialistico e invita il lettore a un atto di interesse che lo scuota dalla pigrizia solita. Infatti parlare di conservazione dei documenti, vuol dire parlare della nostra memoria, della nostra storia, del nostro passato e di come esso si è formato e tramandato. Un bellissimo racconto di Borges rappresenta il mondo come un'immensa biblioteca, la Biblioteca di Babele, scaffali infiniti pieni di libri, sotto una cupola altissima, un labirinto dove non si sa come orientarsi. Ma c'è per altro qualcosa di inanimato che ci possa dare un'immagine di noi e del mondo più efficace e completa del libro, della carta scritta? Forse no. Il panorama problematico si allarga e si precisa nel contributo di Marco Santoro, «Comunque esorcizziamo Fahrenheit 451», in cui la citazione del famoso romanzo di Ray Bradbury ci richiama al ruolo ineludibile e incisivo della testimonianza scritta, perché ogni volta che si cerca di distruggere le testimonianze scritte si tende a ridurre l'area della conoscenza, sopprimere le differenze, cancellare le memorie altrui.
Un libro di Fernando Baez, da poco tradotto in italiano, Storia universale della distruzione dei libri (Roma, Viella, 2007) inizia un migliaio di anni fa con i primi libri dell'umanità e le loro precoci distruzioni. Ma la storia è lunga: si va dai Sumeri alle biblioteche rinascimentali, all'azione censoria della Chiesa Romana, agli interventi falcidianti dei riformatori, ai danni inflitti dai più radicali sostenitori della Rivoluzione Francese, alla distruzione nazista, ai roghi dei regimi comunisti. Inoltre il libro è vittima di svariate calamità: inondazioni, incendi, terremoti, insetti che divorano la carta ecc. Non ultima la pratica del macero, attuata da editori e biblioteche, ma con criteri spesso discutibili che hanno al centro l'idea che ciò che non si vende, non va neppure conservato. È evidente che così, con criteri solo commerciali, sarebbero eliminati molti capolavori dell'umanità. Inoltre la rete digitale ha creato un altro rischio che è l'eccesso di informazione: sapere tutto può voler dire non sapere nulla, perché cultura significa scegliere, distinguere. Che cosa vale al pena di conservare e che cosa va eliminato? Nell'era della stampa a fare garanzia (relativa?) della qualità di un libro era l'editore. Ma nella rete che cosa è da buttare e che cosa vale la pena di conservare? Inoltre la digitalizzazione ha messo in crisi il concetto di originale: un file è sempre uguale a se stesso, impossibile identificare la copia, perché quello che esiste è soltanto la copia, non l'originale.
Quale allora il futuro delle biblioteche e degli archivi? Il saggio di Giancarlo Volpato e Gianni Penzo, «Carte da conservare», tenta di dare delle risposte a problematiche complesse come quelle che sopra abbiamo accennato. Il patrimonio culturale italiano, non solo quello artistico e monumentale, ma anche quello della carta scritta, è ingente ed è stato un collante in tutti i momenti, tragici e no, della storia italiana. Un proverbio senegalese dice che quando muore un vecchio è come una biblioteca che brucia. Ma oggi si assiste a una perdita secca non solo della cultura orale, ma anche di quella scritta. Infatti la crescita esponenziale dei libri e dei documenti rischia di soffocarci, eppure non ci esime dall'obbligo di conservare. Per decenni si sono lasciati perdere documenti a torto ritenuti minori, fotografie, periodici locali, pubblicazioni contingenti, cartoline, bollettini, manifesti, che avrebbero dovuto entrare nelle piccole biblioteche dei comuni, che hanno eluso il compito per una documentazione apparentemente più importante. Un altro pericolo viene dalla informatizzazione: raccolte intere di giornali e riviste sono andate al macero dopo essere state microfilmate. Ma è operazione accettabile quella che conserva la copia invece dell'originale? Inoltre la documentazione digitale presenta varie incognite sulla sua durata nel tempo. Che fare? I due autori consigliano programmi di conservazione che integrino le due risorse, quella cartacea e quella digitale. Affrontano le problematiche della professione archivistica e bibliotecaria nell'età dell'innovazione i contributi di Antonio Romiti, Giorgetta Bonfiglio-Dosio, Antonia Ida Fontana Aschero. Nel settore in cui si presentano gli esiti della ricerca degli allievi del master, di particolare interesse, non soltanto per la storia letteraria locale, appare il saggio di Sara Dalla Montà, Elena Pastori, Matteo Rima, «Le carte di Giuseppe Turcato presso la Biblioteca Civica di Verona: carteggio, testimonianze, ricerche salgariane».


Paola Azzolini
Enlace:
http://www.larena.it/dossiers/Temi%20Continuativi/83/214/22110/

Comments

Anonymous said…
Ayer estuve leyendo
La hoguera de los intelectuales,
la descargue de la biblioteca hansi,
y algunos ensayos son buenos,
de antologia

Amilcar Venegas, Florida

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